" Riflessioni su Schegge d'Antore Rec. di V. Sanfilippo



RIFLESSIONE SU " SCHEGGE D'AUTORE"
Scritto da Vincenzo Sanfilippo

Schegge D’Autore

Festival della Drammaturgia Italiana IX edizione

A CHE SERVONO I PREMI?
Se non si ha il coraggio di osare

In tempi di fiduciosa -o illusoria- attesa per l’attuazione parlamentare “Proposta di legge quadro per lo spettacolo dal vivo” vediamo come ogni anno il proliferare di premi teatrali che, per chi li riceve, possono essere ulteriore gratificante affermazione, pur non rientrando nella categoria dello spettacolo in senso stretto. I premi ricevuti si presuppone dovrebbero scaturisce dall’impegno professionale profuso come una realtà imprescindibile attorno allo scrivere per l’autore, al recitare per gli interpreti, alla scrittura scenica per la regia, all’invenzione visiva della messinscena, dei costumi, luci, musiche. E lo spettacolo premiato può anche essere una strana creazione, a metà strada fra un esito compiuto e una prova aperta: una ricerca sul testo, una serie di ipotesi progettuali da seguire, un work in progress da sviluppare, che forse non approderà mai davvero alla grande ribalta, ma proprio per questo risulta più affascinante di una produzione definitiva. Per tali finalità esistono i premi di teatro, proprio per incentivare, valorizzare, far conoscere alla collettività, all’imprenditorialità, quei laboratori teatrali di drammaturgia “nascosti” diciamo “impossibili” suscettibili però -se veramente ci si crede- di possibilità di programmazione.

Premiare autori di teatro “misconosciuti”? Non sia mai! Potrebbero in tal caso sorgere argomentazioni controverse, fonte di equivoci e dissotterramenti di annose questioni sulle finalità che debba avere un premio di teatro. D’altra parte, potrebbe accadere di non essere accettati dall’Ente organizzatore o essere misconosciuti da alcuni addetti ai lavori (imprenditori teatrali, critici) ormai ammorbati dal pessimismo generale che investe complessivamente il far teatro. Noi, la generazione di Schegge, da sempre abbiamo valorizzato il persistente precariato creativo. Perchè siamo convinti che -per chi da sempre fa teatro- non esista la "periodica crisi del teatro", perchè il teatro è crisi, il teatro per sua natura non può essere realtà consolatoria (o peggio, ebete- ottimistica, come suggeriscono in alto loco), ovvero il teatro è "sempre crisi".

E quindi il fatto che oggi ci siano pochi autori non vuol dire niente. Se dalla nostra generazione uscirà anche un solo autore degno di questo nome, vuol dire che questo periodo propedeutico di formazione è servito. Quando la critica afferma che non ci sono autori teatrali dice nello stesso tempo una verità e una bugia. Dice la verità, perché effettivamente non esistono le oggettive “condizioni” che consentano la realizzazione di testi nuovi; e dice una bugia perché, malgrado tutto, gli autori nuovi esistono e sono gli stessi autori di teatro che malgrado le enormi difficoltà fanno i loro spettacoli.

Ci sono anche carenze storiche che fanno da attenuanti a queste affermazioni: la nostra è una società teatrale in cui ci sono scrittori teatrali con una buona produzione di commedie senza che siano stati opportunamente rappresentati. La scusa ? Quasi sempre si teorizza a danno di questi autori l’osticità dei loro testi che produrrebbero la non-comunicazione fra palcoscenico e platea. Sappiamo che attraverso opportune e propedeutiche strategie di programmazione teatrale, si preparano gli eventi che possono essere capiti da un pubblico avvezzo al teatro, come si evince dalle programmazioni annuali di piccole/grandi eventi teatrali come lo è il Festival della Drammaturgia Italiana IX
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