Recensione di Domitilla Pirro

Recensione da www.teatroteatro.it

Metroironia
di Livia Ferracchiati
con Patrizia Bianchini, Elena Costanzi, Giulia Torricelli, Livia Ferracchiati

Nel novero della fauna variegata che si rischia d’incontrare sul metrò, i quattro ritratti femminili che Livia Ferracchiati, classe 1985, qui propone sono esemplari senza dubbio originali. Una psicosociosessuologa, una coniglio-killer, un’asessuale, una single-per-scelta-altrui: i monologhi che le ragazze affrontano tratteggiano personaggi del tutto particolari, laddove non ci s’ingorghi nella melassa del già sentito. Se infatti la psicotica terapeuta ci appare una macchietta familiare, per questo poco interessante, e l’eterna innamorata che se la prende direttamente col creatore non riesce a calibrare a sufficienza la commistione sperata tra massimi sistemi e amaro sarcasmo, è invece cartoonistica la fine del povero coniglio vittima di una repressa amante degli animali e piacevolmente ironica l’asessuale che confessa candidamente alla madre la propria inedita diversità.

Duetto
di e con Sara Calanna


Nel dopoguerra romano, che risuona alle nostre orecchie dei trilli dell’Useppe di Elsa Morante, due donne - l’una analfabeta, l’altra maestra di scuola; l’una madre di un bimbo sveglio e curioso, l’altra di un ragazzino lento a leggere e scrivere ma armato di matite colorate - s’incontrano e si scontrano, prede dell’orgoglio entrambe, poi unite dall’amore e dal dolore. È un’incantevole prova d’attrice, questa di Sara Calanna: la forza della Roma di borgata, che s’incrocia a piani diversi dello stesso condominio, sa alternarsi in lei al ritmo lieve della ninna nanna con cui due figure di madre riescono a far sorridere e commuovere, dandosi il cambio in pochi minuti. E una più ampia riflessione sul linguaggio trova posto, universale: “Le parole sono come la luce delle stelle: quelle che vedi brillare sono già morte, non esistono più”.

L’oscurità
di Gabriele Carbotti
con Maura Bonelli, Gabriele Carbotti, Sara Ciacci, Fabrizio D’Alessio, Ilaria Fioravanti, Giuliana Meli

Diverte consapevolmente l’inconsueto quadro offerto dall’estroso Carbotti, ventitreenne romano, che qui veste i panni schizofrenici di un giovane assassino al posto sbagliato nel momento sbagliato. La bettola di periferia in cui Olaf si rifugia, trascinando la sacca di “pezzi” che testimoniano l’errore/orrore commesso (“Amore mio, ma cos’ho fatto? Eri bellissima stasera!”), rappresenta proprio la labilità del confine tra lucidità e follia: varcata la soglia del locale, infatti, due streghe sghignazzanti sembreranno sorvegliarlo e sospettare di lui, un barman muto farà muro ostile alla paranoia che a tratti sembra divorarlo e la donna dei suoi sogni, come per magia, diverrà a sua volta insospettabile carnefice. Humour nero convincente e ben recitato caratterizza questa commedia dark, curiosa e insolita per tono, ironicamente feroce.

Valentino
di Luigi Scartozzi
con Manuela Befani e Fabrizio Rendina

Eterna piazzola di sosta nell’accidentato percorso introspettivo di tutti i tempi, il confronto generazionale ha sempre veicolato un quid potenzialmente costruttivo e vivace, ove ben sfruttato. Purtroppo, però, non è questo il caso. Gli spalti desolati di uno stadio che si spopola assistono inerti allo scambio d’idee tra una coppia di tifosi sui generis, un anziano e una ragazza. Perfetti sconosciuti, ma uniti dall’ennesima delusione calcistica, i due discorrono amabilmente di pallone, di vita “e di altre sciocchezze”, finendo purtroppo per assecondare un testo ripetitivo, piano, privo di sorprese. Stupisce la prevedibile sfilza di luoghi comuni che danno corpo alla narrazione, spacciati per insostituibili rivelazioni: la noia non risparmia la conversazione monotona tra i due personaggi, ritratto implausibile di un’Italia soporifera e rassegnata.

Enciclostetica
di e con Vito Caporale e Chiara Hervatin

Signore e signori, qui si ride. Si ride davvero. L’assurdo e il paradosso la fanno da padroni nella villa inglese in cui l’ennesimo delitto insoluto farà levare un grido. L’enciclostetica, teoria degli opposti, vede battibeccare in un duetto affiatato e complice un investigatore non precisamente accorto e una svampita fresca vedova: tra bisticci verbali fulminanti e improbabili ricostruzioni sulla scena del crimine, i due attori sapranno reggere una scena dichiaratamente nonsense, preda di calcolatissimi voli pindarici pronti a strappare ben più di un sorriso alla platea facilmente conquistata.

(Domitilla Pirro)
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