CHI HA MALTRATTATO “ZIO DANIELE”?

di Giulia Borraccino

 “Zia, zia,… zia mamma!”.

 Una magistrale interpretazione di Tatiana Dessi fa di questo epilogo un momento di profonda commozione. Apparentemente a discapito della narrazione, la scelta autoriale di raccontare la storia di questa donna siciliana attraverso un monologo, rivela un approfondimento psicologico del personaggio talmente credibile da sembrare realmente esperito. Una moglie poco perfetta, una madre riprovevole, questo è Rosa, ma è principalmente il suo essere donna a rapire lo spettatore, ed è il suo essere bambina a renderla innocente, con tutto lo stupore e la curiosità di chi vede il mondo per la prima volta, e con quell’ingenuità nella narrazione che mistifica la gravosità di un racconto a tratti assai raccapricciante. Ciò che qui stupisce non sono i maltrattamenti subiti da Daniele, figlio di Rosa, ma il fatto che determinate azioni, che purtroppo quanto a gravità sono continuamente scavalcate dalla vita quotidiana, siano eseguite da una persona con dei pensieri che rendono facile l’immedesimazione e che quindi potrebbero far sentire colpevole chiunque; ad essere sotto accusa, invece, è l’ignoranza, di cui Rosa, spinta dalla consapevolezza provocatale da eventi drammatici, decide alla fine di liberarsi. Buono il modo in cui la regia affronta il tema del cambiamento, che al livello spaziale viene rappresentato da una valigia che si apre e si chiude, ed al livello interiore dal cambio d’abito dell’attrice che passa dai suoi vestiti da casalinga con i capelli raccolti alla libertà della sottoveste con i capelli sciolti, attraverso la quale esprime la sua intimità. Una nota particolare all’interpretazione di Tatiana Dessi che con la sua sensibilità artistica ed una notevole capacità di tenuta di scena, valorizza un’opera drammatica ed allo stesso tempo sognante, ma soprattutto introspettiva.
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